sabato 30 agosto 2014

Blu aragosta
Lobster, she wrote

La maggior parte di voi ricorderà l'aragosta Pizzicottina, cui Homer era molto affezionato, in una puntata dei sempreverdi Simpson. Ricorderete anche i suoi sentimenti contrastanti al momento di mangiarla.
Se anche voi andate pazzi per i crostacei, specialmente le aragoste, sarete forse incuriositi dal fatto che esistono anche le aragoste blu!
La cosa che vi stupirà ancora di più è che non sono nemmeno le più rare.
L'idea per questo post mi è venuta dopo aver letto, qualche giorno fa, della cattura di un'aragosta blu nella costa nord est degli Stati Uniti, il ben noto Maine della Signora Fletcher e di Stephen King.

Aragosta blu
Foto di Justin Brook

Un tempo, tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo, di aragoste in zona ce n'erano così tante che venivano addirittura utilizzate come fertilizzante per i campi. Tuttavia, nel secolo successivo questi crostacei iniziarono a scarseggiare e divennero, ovviamente, molto costosi per chi voleva consumarli.

Contrariamente a quanto ci dicono i cartoni animati, l'aragosta (in questo post mi riferisco alla variante nordamericana, Homarus americanus) non è rossa come quando la vediamo nel piatto, bensì ha una sfumatura che va dal rosso scuro/blu profondo al verdastro, poiché in questo modo essa riesce a confondersi meglio con il fondale marino.

Homerus americanus

Passando un po' alle statistiche, la probabilità di trovare un'aragosta blu è una su 2 milioni di aragoste. Sono un po' pochine, vero?
Ebbene, non sono le più rare, dato che esistono anche quelle gialle e che se ne trova una su 30 milioni. Esistono, inoltre, anche aragoste con esattamente metà del corpo bruno e metà rosso (una su 50 milioni di aragoste).

Aragosta bicolore
(no, non è un Photoshop)

Da questo punto di vista, sembra quasi abbastanza comune trovare un'aragosta blu, rispetto a trovarne una gialla o bicolore.
Tuttavia ho lasciato la chicca per ultimo: esiste un tipo albino di aragosta e, udite udite, se ne trova un esemplare ogni 100 milioni.


Aragosta albina
Credits YourDailyMedia

Le aragoste albine sono le uniche che non cambiano colore dopo la bollitura, diventando color rosso brillante, come accade con gli altri esemplari.
Provare per credere, dopo essere riusciti a comprare un'aragosta albina, naturalmente.

A questo punto facciamo chiarezza su tutte le varie colorazioni e diciamo forte e chiaro che la pigmentazione dell' esoscheletro del crostaceo dipende da proteine prodotte dall'animale stesso.
In particolare, qualche anno fa uno studio del Dr. Harry Frank dell'Università del Connecticut è stato pubblicato nel Journal of Physical Chemistry. Nel testo si spiegava il motivo della colorazione blu, imputandola ad un difetto genetico proprio dell'individuo che la esprimeva.
Abbiamo già detto che normalmente l' esoscheletro dell'aragosta ha una colorazione che va dall'arancione scuro fino al blu scuro/verdastro, frutto della presenza di pigmento carotenoide (astaxantina), che dà il colore aranciato, e di crustacianina, un complesso proteico costituito da astaxantine riunite in “mazzetti” da altre proteine.
Secondo lo studio di Frank, la vicinanza delle proteine riunite in un “mazzetto” fa cambiare la configurazione degli elettroni negli atomi che le costituiscono e fa in modo che l'intero gruppo assorba una radiazione luminosa diversa da quella che verrebbe assorbita da una singola molecola di astaxantina.
In questo modo le molecole riunite in gruppi danno delle zone bluastre sull' esoscheletro dell'aragosta.
In un esemplare di aragosta blu la situazione appena descritta è spinta al massimo, dato che, per una mutazione genetica, il crostaceo produce una gran quantità di proteine che riuniscono l'astaxantina in crustacianina. Per questo motivo la colorazione blu si estende a tutto l'animale.
In questo caso la mutazione non è molto favorevole alla povera aragosta, la quale spicca moltissimo sul fondale marino rispetto alle sue compagne e viene più facilmente catturata.
A questo punto la domanda sorge spontanea: l'aragosta blu, quando si cucina, resta dello stesso colore?
Risposta negativa, il calore dell'acqua disfa la crustacianina, liberando le singole astaxantine, che donano la tipica colorazione rosso brillante all'aragosta bollita.
Enigma risolto, dunque. Ne sarebbe fiera anche Jessica Fletcher!

giovedì 14 agosto 2014

Mai dire mais - Campo di Granturco in centro a Milano

Metti una mattina in cui devi andare a fare una commissione.
E' Agosto e, anche se non fa caldissimo, sudi abbastanza, ma non demordi e confidi nelle ultime energie del caffè bevuto un'ora prima. Dove possibile, cerchi l'ombra, e dove non è possibile acceleri l'andatura nei tratti al sole. Giusto così, per aumentare la sudorazione.
Sei quasi arrivata a destinazione, ancora pochi metri e potrai farti accettare alla nuca da quell'amichevole aria condizionata all'ingresso di ogni negozio.
Ti giri un attimo a sinistra e vedi … un campo di mais!
No, no, un momento, qui siamo davanti al Castello Sforzesco, in pieno centro a Milano, non in una scena di Children of the Corn (Grano rosso sangue nella versione italiana).
Sarà un colpo di calore? Saranno ormai esaurite le forze derivanti dal caffè? Tutti dicono che la colazione è importante, sarà dunque la maledizione del nutrizionista o del dietologo che si abbatte su di me?
Niente di tutto ciò: il campo di mais c'è davvero e ci sono anche un sacco di turisti che si fotografano con lo sfondo del Castello e il mais; in effetti è una foto ricordo piuttosto strampalata.
Della serie: quest'estate sono stata a Milano e in un campo di mais. Nello stesso momento. 

Foto di Gea

Si tratta di un'installazione per Expo e si chiama Quantomais.

Ogni volta che sento dire “installazione” rabbrividisco. Probabilmente perché non sono del settore. La maggior parte non riesco a capirla, mi sembrano cose messe lì tanto per occupare spazio, anche perché non è che tu le guardi e basta. Bisogna leggere i cartelli esplicativi, di solito circa una decina, prima di comprendere il volo pindarico fatto dall'autore per arrivare a concepire una cosa che a te assomiglia ad uno scivolo ed invece rappresenta l'evoluzione vista con gli occhi di un capodoglio.
Torniamo a Quantomais. Si tratta di un campo di mais di 360 metri quadri messo a dimora a Giugno ad Abbiategrasso e trasportato in centro nottetempo a fine Luglio in vari bancali. Al momento viene curato lì, davanti al Castello, con un impianto di microirrigazione.
I bancali di mais sono disposti in modo da costituire corridoi e stanze interne, dove sono ospitate anche piante aromatiche e piante da orto.
In questo spazio si svolge un calendario di eventi densissimo, a base di musica, letture bendati e laboratori per i più piccoli.
Ora, di tutte le installazioni che ho visto in vita mia, almeno questa si configura come uno spazio per eventi, da vivere, un po' per tutte le età. Devo dire che trovarsi difronte ad un campo di mais all'improvviso nel centro di una città è piuttosto curioso. Se volete visitarlo, comunque, affrettatevi: a fine Agosto il campo verrà “smontato” ed i bancali con le piante ceduti a giardini, scuole ed università che ne faranno richiesta. Proprio così, esiste un bando di adozione per “riciclare l'installazione” e potete trovare tutti i dettagli nel sito internet dedicato.
Io comunque da Quantomais sono capitata per caso e sono rimasta colpita, anche se per le installazioni non ho proprio la passione!

Abbiamo già parlato di mais colorato in un post di Aprile.
Oggi ricorderemo due vignette che a me fanno sempre ridere.

"Ti avevo detto di mettere la protezione solare!"
"Fa caldo fuori?"
"Oh, stai zitto!"




Com'è fatto un chicco di mais e, soprattutto, cosa succede quando facciamo il pop corn?
Il chicco è costituito da tre strati.
Il più interno si chiama endosperma ed è quello che costituisce la maggior parte del chicco. Qui c'è soprattutto amido in granuli, inserito in una matrice proteica, ed una piccola parte di oli ed acqua.
Lo strato intermedio è definito germe e si può dividere in tre parti:
  • quella che, se piantiamo il chicco, darà origine alle foglie;
  • quella che costituirà le radici della nuova pianta;
  • la terza parte, fatta di oli vegetali, che darà energia alla pianta durante la crescita.
Lo strato più esterno, molto resistente, si chiama pericarpo e si compone essenzialmente di cellule morte e strati spugnosi che servono ad assorbire l'acqua necessaria per la germinazione.
Infine, possiamo inserire nella nostra descrizione anche la parte apicale del chicco, costituita di materiale fibroso che ha la funzione di connettere il chicco alla pannocchia.
Quando si fa il pop-corn succede una cosa piuttosto semplice a raccontarla così: il chicco esplode e si rivolta, l'interno esce e l'esterno si accartoccia su sé stesso rimanendo nella parte centrale del pop-corn.

Perchè accade? La causa sta nella struttura del chicco stesso, che si comporta come una piccola pentola a pressione, ma alla fine deve arrendersi alle leggi della fisica.
Una piccola parte dell'acqua contenuta nell'endosperma evapora e fa aumentare la pressione tra le pareti del chicco, le quali sono resistenti e dunque non cedono, creando l'effetto pentola a pressione accennato sopra. Il vapore rovente scioglie l'amido in granuli e lo fa mescolare con l'acqua allo stato liquido ancora presente, non evaporata a causa dell'aumento di pressione di cui parlavamo prima.
Nel frattempo, la temperatura interna del chicco continua ad aumentare, ed essendo il volume fisso, poiché è l'interno del chicco stesso, anche la pressione nell'endosperma aumenta, finchè il pericarpo non riesce più a sopportarla ed esplode.
L'acqua allo stato liquido evapora e fa raffreddare l'amido, che solidifica in schiuma bianca: ecco servito il vostro pop-corn!
Cosa c'è di più bello rispetto a pensare a questo piccolo miracolo che unisce la perfezione di un chicco di mais con il relax di una serata davanti ad un bel film?
Un video alla moviola dei chicchi che scoppiano!
Godetevelo e la prossima volta fate una bella figura con gli amici!

giovedì 7 agosto 2014

Sol, Viento, Vino y Tralalà
Las viñas de La Geria, Lanzarote

Hay una tierra que en realidad es una canción lejana de mar y de fuego, que nos acuerda incesantemente como el hombre, frente a la Naturaleza, sea minúsculo.
Esta isla tiene la energía que todas las islas volcanicas poseen y que no se puede explicar si nunca se ha visitado una. Es la energía de la tierra, el calor que emana desde un puñado de piedras recogidos cerca de la boca de un volcan, tranquilo por el momento, pero no apagado para siempre.
Las cenizas, el picón, el viento, han modelado el paisaje y han delineado una vegetación a veces desolada y muy parecida a los paisajes africanos.


Esta isla es Lanzarote, en el arcipelago de Canarias. He sacado la foto en la zona de La Geria, conocida porque aquí hay muchas viñas que producen una deliciosa Malvasía y, de consecuencia, hay también muchas bodegas.
En Junio he tenido la oportunidad de visitar una bodega en particular, la más antigua de Canarias y una de las más antiguas de España, la Bodega El Grifo, de la que tenemos noticias a partir del 1775.
En la entrada son incluidas la visita al museo del vino, un paseo por la viña y la cata de un vino. Con algunos euros más se puede hacer una picada con tostadas y queso local y la cata de más que un vino. No olvidemos que pueden disfrutar de la cata en el patio.
Si tengo que opinar algo, solo puedo decir que este lugar se parece a un paraiso.


En un artículo precedente hemos hablado de la vid y de los factores que la hacen evolver.
La evolución tiene algunas desventajas, como podrán imaginar.
Sabemos que si se eligen siempre algunos tipos de vid, la variedad de la planta puede ir perdendose. En muchos paises se han realizado estudios para recuperar la tipicidad y la originalidad de las variedades de esta planta y crear nuevos vinos autóctonos.
La Universitat Rovira i Virgili de Tarragona, en España, ha realizado un estudio en colaboración con algunas bodegas de Lanzarote, entre las cuales hay también El Grifo.
Pueden leer este trabajo del 2013 aquí; las representaciones gráficas nos dan una imagen de las variedades de vid en la isla de Lanzarote.
En esta investigación se han caracterizado los ecotipos de la planta mediante la técnica de los microsatélites o STR (short tandem repeats).
No os preocupéis, enseguida vamos a explicar que son estas STR.


Antes de todo, decimos que no todo nuestro ADN codifica para las proteinas, mejor dicho la mayoria está ahí tranquilo sin (aparentemente) hacer nada.
Las STR son una parte de este ADN que no codifica y se pueden encontrar entre un gene y otro, en lugares definidos del cromosoma.
Las STR son secuencias de ADN repetido en fragmentos siempre idénticos y la variabilidad en el n
úmero de repeticiones que presentan es muy útil cuando se hacen confrontos entre individuos, que sean plantas, animales o hombres.
Os estáis preguntando porqué? Miren la imagen acá abajo.


Figura 1: las STR corresponden

Figura 2: las STR no corresponden
Gráficas de Pando
 
Vamos a considerar las cerezas como si fueran secuencias repetidas (STR) que no codifican, mientras que los limones y las estrellas identifican las partes codificantes del cromosoma, las que producen proteinas.
ADN 1 es una muestra del genoma de la vid, ADN 2 es una muestra del genoma de otra vid.
En Figura 1 las dos partes constituidas de STR (en azul) son identicas, en Figura 2 son diferentes.


Estudiar a los microsatélites es útil para tener la huella genética de un organismo.
De hecho, diferentes individuos tendrán diferentes series de ripeticiones en posiciones fijas del cromosoma y muestras del mismo individuo serán idénticas porque en una precisa zona del cromosoma habrán el mismo numero de repeticiones.
A partir de este trabajo es posible entender como en las islas Canarias, especialmente en la de Lanzarote, es posible reconocer una gran variedad de tipologias de vid, que produce vinos típicos de estas islas.
Los investigadores han logrado:

  • agrupar las vides en 27 grupos basandose en el ADN;
  • ver las relaciones de parentesco entre las plantas;
  • relacionar algunos ecotipos desconocidos con tipos de vides conocidos.
Pero, ¿porque en Canarias los vinos son tan particulares?
Tenemos que recordar que en 1730 empezaron en la isla impresionantes erupciones volcánicas, que  obligaron a los habitantes a buscar amparo en la costa más oriental. Las erupciones seguiron por cinco años y de consecuencia las cenizas de los volcanes cubriron completamente la tierra, dejando pocas posibilidades para la coltivación de frutas y verduras. A pesar de este facto, sea por la iniciativa de los habitantes, sea por la disperación de ver su propia tierra destruida, tenemos noticias de la cultivación de vid antes que las erupciones terminaran.
Con el tiempo las cenizas volcanicas se revelaron ser el huevo de Colón: ellas protegian la planta en un ambiente con lluvias escasas y mucho viento. El picón podia atenuar la excesiva evaporación y entonces los cultivadores pensaron de construir tambien los muros con piedras de origen volcánica.
La vid està en un agujero en la tierra y los cultivadores la mantienen bajita, asì que tenga garantizada la protección del muro. El muro es incompleto: entre las piedras hay agujeros que “rompen” el frente del viento y, por eso, la corriente se fragmenta en vientos más débiles que disturban menos o para nada la vid.
El tipico muro de la isla no es recto, pero en las viñas más grandes se construyen asì para optimizar la cantidad de vides que se pueden plantar.
En las bodegas El Grifo todos los labores de la viña son manuales, se utiliza el tractor solo para las partes más anchas y centrales, las únicas en las que puede pasar.
Tenemos que saber que las viñas de Canarias nunca fueron atacadas por la Filoxera, asì que hay variedades prefiloxéricas y plantación a pie franco.
Hacer de la necesidad virtud es algo más que una máxima para la isla de Lanzarote, donde el volcán, el viento y el ingenio del hombre se han unido para obtener de la tierra un delicioso néctar.
Existe una isla, cerca de Marruecos, donde mar, viento y fuego son los dueños. Su aridez es solo  aparente; esta isla ha escondido tesoros y ambrosía para quien los ha buscados.
Ahora, ¡qué vayan a dar un paseo por las viñas y la bodega El Grifo y qué disfruten!





Ecotipo: variedad de plantas diferentes, cuya diversidad está en la interación del material ereditario con el ambiente y con la influencia del hombre. Volver al texto

sabato 2 agosto 2014

Sole, Vento, Vino, Trallallà
I vigneti de La Geria, Lanzarote

Esiste una terra che in realtà è un canto lontano di mare e fuoco, che ricordano incessantemente come l'uomo, difronte alla Natura, sia davvero minuscolo.
Questa isola ha l'energia che possiedono tutte le isole vulcaniche e che non si riesce a descrivere bene se non se ne è mai visitata una. E' l'energia della terra stessa, il calore che emana da una manciata di sassi raccolti vicino alla bocca di un vulcano per il momento quieto, ma non spento per sempre.
La cenere, i lapilli, il vento, hanno modellato il paesaggio e delineato una vegetazione a tratti brulla e piuttosto africana.

Signore e signori, abbiamo un vincitore per quel che riguarda il quiz proposto nel penultimo post pubblicato, in cui si doveva provare ad indovinare il luogo dove era stata scattata questa foto.


Anzi, abbiamo una vincitrice!
Per il momento le risposte mi sono arrivate via messaggio, causa alcuni problemi con i commenti al post del blog, ma credetemi quando vi dico che questa signorina ha sbaragliato tutti a colpo sicuro ed al primo tentativo, vanificando il mio tentativo di depistaggio nella foto proposta!
Perciò, M.C., sai già di aver vinto, ora ritirerai anche il premio appena ti verrà in mente quale sia il tuo dubbio biologico da risolvere.

Dopo queste righe di suspense, svelo anche a voi che l'isola di cui stiamo parlando è Lanzarote, nell'arcipelago delle Canarie. In particolare, la foto è stata scattata nella zona de La Geria, conosciuta per le numerose coltivazioni di viti che producono una deliziosa Malvasia e per la presenza, conseguente, di molte bodegas (cantine).
A Giugno ho avuto la possibilità di visitarne una in particolare, la più antica delle Canarie e una delle più antiche di Spagna, la Bodega El Grifo, le cui prime notizie riguardo la fondazione risalgono al 1775.
Nel prezzo del biglietto d'ingresso sono comprese la visita alla cantina vera e propria, una passeggiata nel vigneto e una degustazione di vino. Con qualche euro in più si può assaggiare più di un vino e si ha diritto ad una piccola merenda a base di pane tostato e formaggio locale. Non dimentichiamo che la degustazione può essere fatta comodamente nel patio all'aperto sul retro della costruzione. Una sosta paradisiaca, se devo dare la mia opinione.

Ricorderete che nel precedente articolo sul vino abbiamo parlato della vite e dei fattori che portano alla sua evoluzione.
Quest'ultima, come ormai potete immaginare da soli, ha anche degli svantaggi. Infatti, se ci si “sposta” sempre più verso alcune tipologie di viti, la varietà nella pianta può diminuire. In molti paesi sono stati svolti degli studi per recuperare la tipicità e l'originalità delle varietà presenti e creare nuovi vini autoctoni, che altrimenti non vedrebbero la luce.

L' Universitat Rovira i Virgili di Tarragona, in Spagna, ne ha svolto uno in collaborazione con alcune cantine di Lanzarote, tra cui anche El Grifo.
Potete prendere visione di questo studio del 2013 qui; pur essendo in spagnolo, conoscendo le premesse e dando uno sguardo ai grafici in fondo, potrete avere un assaggio di quanta sia effettivamente la varietà nelle tipologie di vite presente sull'isola.
Scopo dei ricercatori è stato caratterizzare gli ecotipi della vite presenti a Lanzarote con la tecnica del DNA microsatellite, o STR (short tandem repeats).
Panico? Niente paura, andiamo a spiegare cosa sono queste STR.
Prima di tutto, diciamo che non tutto il nostro DNA codifica per le proteine, anzi la maggior parte  se ne sta lì bello tranquillo senza (apparentemente) fare nulla.
Le STR fanno parte di questo DNA non codificante e si trovano tra un gene e l'altro, in posizioni precise del cromosoma.
Le STR sono costituite da DNA ripetuto in piccoli blocchetti sempre uguali e sono molto utili quando si fanno dei confronti tra individui, siano essi piante, animali o uomini.

Vi state domandando perchè? Guardate la figura qua sotto.

Figura 1: STR corrispondenti

Figura 2: STR non corrispondenti
Grafiche di Pando
 
Consideriamo le ciliegine come se fossero delle sequenze ripetute (STR) non codificanti, mentre limoni e stelline identificano la parte codificante del cromosoma, quella che produce le proteine.
DNA 1 è un campione del genoma di una vite, DNA 2 un campione derivante dal genoma di una vite diversa.
In Figura 1 le due parti costituite da STR (in azzurrino) sono identiche, in Figura 2 sono diverse.

Lo studio dei microsatelliti serve ad ottenere la cosiddetta impronta genetica di un organismo. Individui diversi avranno una serie di ripetizioni diverse in determinate posizioni del cromosoma e allo stesso modo tracce dello stesso individuo saranno sovrapponibili perché in una precisa zona del cromosoma ci sarà lo stesso numero di ripetizioni.
Da questo lavoro, portato a termine usando la tecnica dei microsatelliti, è possibile intuire come nelle isole Canarie, specialmente in quella di Lanzarote, sia possibile riconoscere una gran varietà di tipologie di vite, che producono vini tipici di queste isole.
I ricercatori sono riusciti a:
  • raggruppare le viti in 27 gruppi in base al loro DNA;
  • vedere chiaramente fino a che punto alcune tipologie di piante siano imparentate con altre;
  • collegare alcuni ecotipi sconosciuti a tipologie di viti già note.
Senza allargarci a tutto l'arcipelago canario, che cosa rende davvero particolare il vino di Lanzarote?
E' bene ricordare che nel 1730 iniziarono sull'isola delle impressionanti eruzioni vulcaniche, che costrinsero gli abitanti a rifugiarsi sulla costa più orientale e che si protrassero per cinque anni. Di conseguenza la cenere vulcanica ricoprì completamente il terreno, lasciando scarse possibilità di coltivazione per quanto riguardava frutta e verdura.
Tuttavia, vuoi per spirito di intraprendenza, vuoi per la disperazione di vedere distrutta la propria terra, si hanno notizie di coltivazione della vite già da prima che cessassero le eruzioni.
Con il tempo proprio la cenere vulcanica si rivelò essere l'uovo di Colombo: proteggeva la pianta dalle problematiche derivanti dalle scarse piogge e dal disseccamento che avveniva a causa del forte vento che spazzava l'isola. Il lapillo (el picon) riusciva, infatti, ad attenuare l'eccessiva evaporazione e proprio con pietre di origine vulcanica venivano costruiti i muretti tuttora eretti a proteggere le viti nella zona de La Geria.
La vite è piantata in un foro fatto nel terreno, che la mantiene bassa e le garantisce la protezione del muretto. Quest'ultimo è incompleto: tra le pietre che lo costituiscono vengono lasciati dei fori che “rompono” il fronte ventoso, il quale, invece di abbattersi sulla pianta tutto in una volta, viene “spezzato” in più deboli correnti che disturbano in misura minore o addirittura per nulla la vite.
Il tipico muretto dell'isola è fatto a ferro di cavallo, sebbene nei vigneti più estesi si proceda alla costruzione di muretti quadrati per ottimizzare la quantità di viti che è possibile piantare.
Alle cantine El Grifo sia la raccolta che la cura del vigneto sono fatti manualmente, l'utilizzo del trattore è solo per le parti della vigna in cui esso riesce effettivamente a passare, le più centrali e ampie.
Vale la pena ricordare anche che i vigneti canari non sono stati mai intaccati dalla Fillossera, per cui non si è avuto bisogno di ricorrere agli innesti di cui parlavamo due settimane fa.
Fare di necessità virtù è qualcosa di più che un semplice motto per l'isola di Lanzarote, in cui il vulcano, il vento e l'ingegno dell'uomo si sono uniti per far sì che si potesse ottenere dalla terra un nettare degno di nota.
Esiste, dunque, un'isola a largo del Marocco, in cui mare, vento e fuoco la fanno da padroni. Tuttavia la sua è solo un'apparente aridità; essa ha nascosto tesori e ambrosia per chi ha saputo cercarli.
Ora fatevi un bel giro tra vigneti e cantine a Lanzarote. Buon fine settimana!




Ecotipo: varietà di piante diverse, la cui differenza risiede nell'interazione del materiale ereditario della pianta con l'ambiente in cui vive e con l'influenza dell'uomo.Torna su