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domenica 21 giugno 2015

Il vino dell' Ultima Cena

Se pensiamo a Leonardo e alla città di Milano è piuttosto normale che alla nostra mente arrivi quasi immediatamente l’immagine dell’Ultima Cena, lo spettacolare affresco conservato nel refettorio della Chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Da poche settimane è possibile collegare il genio di Leonardo anche alla sua Vigna, riportata all’antico splendore ed aperta in occasione di Expo 2015.
Leonardo vignaiolo? Ebbene sì, ovviamente non per necessità, piuttosto per hobby.
Nell'anno 1498, infatti, Ludovico Il Moro gli concesse la proprietà di una vigna di 16 pertiche (più o meno rettangolare), larga 60 metri e profonda 175 metri (poco più di un ettaro).
La vigna si trovava nei giardini alle spalle della chiesa che tuttora ospita il Cenacolo, dietro alla Casa degli Atellani.

Cortile interno della Casa degli Atellani

Nel 1500, tuttavia, le truppe del re di Francia sconfissero Il Moro e Leonardo dovette lasciare Milano.
Decise allora di affittare la sua vigna al padre del suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Nel tempo, Leonardo rimase sempre molto legato al suo ettaro di terra, tanto da citarlo anche nel suo testamento, lasciandolo in eredità ad un suo fedele servitore e proprio al Salaì.
Questa volta non si può citare il famoso “33, 33 e 33” del celeberrimo film “Non ci resta che piangere”, piuttosto ci dovremo adattare ad un fifty fifty.

La vigna cadde presto nell’oblio, le sorti alterne degli abitanti della casa e la sua posizione non le furono propizie. Nel 1919 l’architetto Portaluppi iniziò la ristrutturazione della Casa degli Atellani e, nello stesso periodo, l’architetto Luca Beltrami documentò l’esatta posizione di quel che rimaneva della vigna. Una benedizione per quegli stessi filari che verranno, negli anni successivi, seppelliti dalle macerie durante il bombardamento di Milano della Seconda Guerra Mondiale.

Perché Rifiuto Biologico si interessa della Vigna di Leonardo se ormai è sepolta nell’oblio? Perché non lo è più!
Grazie ad una collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e per volontà della Fondazione Portaluppi e degli attuali proprietari della Casa degli Atellani, è stato possibile recuperare i camminamenti della vigna. Dagli scavi sono stati recuperati dei campioni di materiale organico appartenenti alla specie Vitis vinifera.
Abbiamo già detto in passato che il DNA di ognuno di noi ci identifica quasi senza ombra di dubbio e che nel nostro corredo genetico abbiamo anche l’impronta delle generazioni passate. Lo stesso succede per tutti gli esseri viventi, che siano piante, animali e batteri.
Grazie a dei marcatori genetici, che possiamo immaginare come piccole bandierine rosse, possiamo ricostruire la nostra provenienza oppure, nel caso di campioni dei giorni nostri, capire da chi discendono.
Alcuni geni, infatti, si tramandano di generazione in generazione, ovviamente mutando nel corso della trasmissione, come dev’essere.
Senza scendere nel particolare, gli studi che sono stati svolti sui campioni organici di vite ritrovati hanno reso possibile il confronto con alcuni vitigni odierni. Tra molti, il vitigno di Leonardo è molto vicino ad un particolare tipo di Malvasia: la Malvasia di Candia Aromatica, molto popolare all’epoca.

La Vigna

Gli scavi nel sito, rinvenuto anche grazie alla localizzazione fatta da Beltrami negli anni 20, sono stati supportati dalla perizia del pedologo (non è una parolaccia, tranquilli) Rodolfo Minelli che ha aiutato a preparare il terreno dove sarebbero state accolte le nuove piante di vite. Su un binario parallelo, la genetista Serena Imazio e il professor Attilio Scienza, esperti in DNA della vite, hanno contribuito, con la loro competenza pluriennale nel campo, a ricostruire il profilo genetico della vite procedendo a dei confronti tra i campioni rinvenuti nella vigna e i profili relativi a varietà già coltivate ai tempi di Leonardo.


Una volta risaliti al vitigno, sono stati fatti nascere in serra 60 esemplari di vite, in seguito portati nel giardino della Casa degli Atellani e lì piantumati per ricostruire la Vigna di Leonardo nel luogo in cui essa era sempre esistita.

Un piccolo miracolo per noi, dunque, poter vedere la vigna come se fossimo ancora ai tempi della realizzazione del Cenacolo. Una grande occasione per poter assistere alla crescita di un vigneto come se fossimo lì insieme con uno dei più grandi geni mai esistiti.

sabato 2 agosto 2014

Sole, Vento, Vino, Trallallà
I vigneti de La Geria, Lanzarote

Esiste una terra che in realtà è un canto lontano di mare e fuoco, che ricordano incessantemente come l'uomo, difronte alla Natura, sia davvero minuscolo.
Questa isola ha l'energia che possiedono tutte le isole vulcaniche e che non si riesce a descrivere bene se non se ne è mai visitata una. E' l'energia della terra stessa, il calore che emana da una manciata di sassi raccolti vicino alla bocca di un vulcano per il momento quieto, ma non spento per sempre.
La cenere, i lapilli, il vento, hanno modellato il paesaggio e delineato una vegetazione a tratti brulla e piuttosto africana.

Signore e signori, abbiamo un vincitore per quel che riguarda il quiz proposto nel penultimo post pubblicato, in cui si doveva provare ad indovinare il luogo dove era stata scattata questa foto.


Anzi, abbiamo una vincitrice!
Per il momento le risposte mi sono arrivate via messaggio, causa alcuni problemi con i commenti al post del blog, ma credetemi quando vi dico che questa signorina ha sbaragliato tutti a colpo sicuro ed al primo tentativo, vanificando il mio tentativo di depistaggio nella foto proposta!
Perciò, M.C., sai già di aver vinto, ora ritirerai anche il premio appena ti verrà in mente quale sia il tuo dubbio biologico da risolvere.

Dopo queste righe di suspense, svelo anche a voi che l'isola di cui stiamo parlando è Lanzarote, nell'arcipelago delle Canarie. In particolare, la foto è stata scattata nella zona de La Geria, conosciuta per le numerose coltivazioni di viti che producono una deliziosa Malvasia e per la presenza, conseguente, di molte bodegas (cantine).
A Giugno ho avuto la possibilità di visitarne una in particolare, la più antica delle Canarie e una delle più antiche di Spagna, la Bodega El Grifo, le cui prime notizie riguardo la fondazione risalgono al 1775.
Nel prezzo del biglietto d'ingresso sono comprese la visita alla cantina vera e propria, una passeggiata nel vigneto e una degustazione di vino. Con qualche euro in più si può assaggiare più di un vino e si ha diritto ad una piccola merenda a base di pane tostato e formaggio locale. Non dimentichiamo che la degustazione può essere fatta comodamente nel patio all'aperto sul retro della costruzione. Una sosta paradisiaca, se devo dare la mia opinione.

Ricorderete che nel precedente articolo sul vino abbiamo parlato della vite e dei fattori che portano alla sua evoluzione.
Quest'ultima, come ormai potete immaginare da soli, ha anche degli svantaggi. Infatti, se ci si “sposta” sempre più verso alcune tipologie di viti, la varietà nella pianta può diminuire. In molti paesi sono stati svolti degli studi per recuperare la tipicità e l'originalità delle varietà presenti e creare nuovi vini autoctoni, che altrimenti non vedrebbero la luce.

L' Universitat Rovira i Virgili di Tarragona, in Spagna, ne ha svolto uno in collaborazione con alcune cantine di Lanzarote, tra cui anche El Grifo.
Potete prendere visione di questo studio del 2013 qui; pur essendo in spagnolo, conoscendo le premesse e dando uno sguardo ai grafici in fondo, potrete avere un assaggio di quanta sia effettivamente la varietà nelle tipologie di vite presente sull'isola.
Scopo dei ricercatori è stato caratterizzare gli ecotipi della vite presenti a Lanzarote con la tecnica del DNA microsatellite, o STR (short tandem repeats).
Panico? Niente paura, andiamo a spiegare cosa sono queste STR.
Prima di tutto, diciamo che non tutto il nostro DNA codifica per le proteine, anzi la maggior parte  se ne sta lì bello tranquillo senza (apparentemente) fare nulla.
Le STR fanno parte di questo DNA non codificante e si trovano tra un gene e l'altro, in posizioni precise del cromosoma.
Le STR sono costituite da DNA ripetuto in piccoli blocchetti sempre uguali e sono molto utili quando si fanno dei confronti tra individui, siano essi piante, animali o uomini.

Vi state domandando perchè? Guardate la figura qua sotto.

Figura 1: STR corrispondenti

Figura 2: STR non corrispondenti
Grafiche di Pando
 
Consideriamo le ciliegine come se fossero delle sequenze ripetute (STR) non codificanti, mentre limoni e stelline identificano la parte codificante del cromosoma, quella che produce le proteine.
DNA 1 è un campione del genoma di una vite, DNA 2 un campione derivante dal genoma di una vite diversa.
In Figura 1 le due parti costituite da STR (in azzurrino) sono identiche, in Figura 2 sono diverse.

Lo studio dei microsatelliti serve ad ottenere la cosiddetta impronta genetica di un organismo. Individui diversi avranno una serie di ripetizioni diverse in determinate posizioni del cromosoma e allo stesso modo tracce dello stesso individuo saranno sovrapponibili perché in una precisa zona del cromosoma ci sarà lo stesso numero di ripetizioni.
Da questo lavoro, portato a termine usando la tecnica dei microsatelliti, è possibile intuire come nelle isole Canarie, specialmente in quella di Lanzarote, sia possibile riconoscere una gran varietà di tipologie di vite, che producono vini tipici di queste isole.
I ricercatori sono riusciti a:
  • raggruppare le viti in 27 gruppi in base al loro DNA;
  • vedere chiaramente fino a che punto alcune tipologie di piante siano imparentate con altre;
  • collegare alcuni ecotipi sconosciuti a tipologie di viti già note.
Senza allargarci a tutto l'arcipelago canario, che cosa rende davvero particolare il vino di Lanzarote?
E' bene ricordare che nel 1730 iniziarono sull'isola delle impressionanti eruzioni vulcaniche, che costrinsero gli abitanti a rifugiarsi sulla costa più orientale e che si protrassero per cinque anni. Di conseguenza la cenere vulcanica ricoprì completamente il terreno, lasciando scarse possibilità di coltivazione per quanto riguardava frutta e verdura.
Tuttavia, vuoi per spirito di intraprendenza, vuoi per la disperazione di vedere distrutta la propria terra, si hanno notizie di coltivazione della vite già da prima che cessassero le eruzioni.
Con il tempo proprio la cenere vulcanica si rivelò essere l'uovo di Colombo: proteggeva la pianta dalle problematiche derivanti dalle scarse piogge e dal disseccamento che avveniva a causa del forte vento che spazzava l'isola. Il lapillo (el picon) riusciva, infatti, ad attenuare l'eccessiva evaporazione e proprio con pietre di origine vulcanica venivano costruiti i muretti tuttora eretti a proteggere le viti nella zona de La Geria.
La vite è piantata in un foro fatto nel terreno, che la mantiene bassa e le garantisce la protezione del muretto. Quest'ultimo è incompleto: tra le pietre che lo costituiscono vengono lasciati dei fori che “rompono” il fronte ventoso, il quale, invece di abbattersi sulla pianta tutto in una volta, viene “spezzato” in più deboli correnti che disturbano in misura minore o addirittura per nulla la vite.
Il tipico muretto dell'isola è fatto a ferro di cavallo, sebbene nei vigneti più estesi si proceda alla costruzione di muretti quadrati per ottimizzare la quantità di viti che è possibile piantare.
Alle cantine El Grifo sia la raccolta che la cura del vigneto sono fatti manualmente, l'utilizzo del trattore è solo per le parti della vigna in cui esso riesce effettivamente a passare, le più centrali e ampie.
Vale la pena ricordare anche che i vigneti canari non sono stati mai intaccati dalla Fillossera, per cui non si è avuto bisogno di ricorrere agli innesti di cui parlavamo due settimane fa.
Fare di necessità virtù è qualcosa di più che un semplice motto per l'isola di Lanzarote, in cui il vulcano, il vento e l'ingegno dell'uomo si sono uniti per far sì che si potesse ottenere dalla terra un nettare degno di nota.
Esiste, dunque, un'isola a largo del Marocco, in cui mare, vento e fuoco la fanno da padroni. Tuttavia la sua è solo un'apparente aridità; essa ha nascosto tesori e ambrosia per chi ha saputo cercarli.
Ora fatevi un bel giro tra vigneti e cantine a Lanzarote. Buon fine settimana!




Ecotipo: varietà di piante diverse, la cui differenza risiede nell'interazione del materiale ereditario della pianta con l'ambiente in cui vive e con l'influenza dell'uomo.Torna su

venerdì 18 luglio 2014

La vite e la Fillossera

La scorsa settimana abbiamo parlato di come sopravvivere ad una degustazione ed abbiamo rispolverato l'assioma alla base dell'enologia: “il vino si fa con l'uva”.
Oggi parleremo della pianta che dà origine alla materia prima, diciamolo tutti in coro: la vite!
Anche se sembra che sia una pianta tutto sommato tranquilla, forse non immaginate che in passato ha rischiato l'estinzione in Europa. Sto esagerando? Lasciatemi partire dall'inizio.

Ci sono testimonianze dell'esistenza della vite fin dall'Era Terziaria (da 65 a 1,8 milioni di anni fa circa), il periodo in cui comparvero sulla Terra moltissime specie animali e vegetali. Da quel momento la pianta si è andata diversificando in tantissime varietà grazie a quattro fattori principali che hanno introdotto variabilità nel genoma:

1) la moltiplicazione sessuale;
2) la selezione naturale per l'adattamento a diverse condizioni climatiche;
3) la mutazione;
4) l'azione che l'uomo ha compiuto sulle colture per ottimizzare le caratteristiche del prodotto.

Ovviamente la vite fu coltivata in molte parti del globo, praticamente ovunque potesse attecchire, poiché da essa si potevano ricavare deliziosi frutti e una bevanda che nei secoli ha avuto i suoi estimatori in tutte le classi sociali. Il vino era anche, come lo è ancora d'altronde, un motore delle economie locali, dato che non a tutti piacciono le stesse cose e quindi si può giocare molto sulla varietà di colori, profumi e gusti.
Come ha anticipato un mio “fan” nei commenti al post della scorsa settimana, esiste infatti un'altra categoria tra quelle citate, che lui ha giustamente chiamato “amanti del vino”. Oltre ad essere un avvocato (chiarimento nemmeno tanto necessario una volta che avrete letto la sua definizione, ché gli avvocati, si sa, parlano latino molto spesso), è anche uomo di lettere e di fine umorismo, quindi  riporterò la sua definizione per capire meglio chi entra a far parte di questo gruppo.
Gli amanti "sanno" qualcosa, ma non hanno la presunzione di saper tutto, anzi desiderano sempre approfondire la conoscenza di ciò che amano.
E tendono il bicchiere, ma non acriticamente: nel senso
ex ante perché usano quel che sanno per fare una cernita, e nel senso ex post perché ricordano quel che hanno sperimentato e lo aggiungono ai criteri per le cernite successive.
In questo sono guidati appunto dalla conoscenza e dall' organolettica.
Con queste due ali anche lo sperduto può diventare amante.

Anche l'enologia ebbe, tuttavia, dei periodi molto difficili da superare.

Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, una vera e propria tragedia si abbatte sui vigneti europei.
Un minuscolo insetto, chiamato Fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), sbarca dal Nuovo Continente sulle coste europee, portato dai primi battelli che facevano traversate oceaniche.
Le sue dimensioni sono pari a quelle di un afide e presenta polimorfismo funzionale, cioè gli individui della stessa specie presentano caratteristiche diverse in base alla loro funzione. Ad esempio, ci sono delle Fillossere con le ali ed altre senza, a seconda che debbano restare sulla pianta infestata oppure andare a deporre le uova su altre.

Fillossera con le ali

In generale, gli insetti di questa famiglia possono avere diverse piante preferite per l'attacco. E' nota anche la Fillossera che infesta il pero, ma oggi ci atterremo unicamente alle viti.
La Fillossera attacca le foglie e le radici della vite, provocando delle escrescenze su entrambe e deponendo le uova nelle galle (protuberanze) fogliari. L'infestazione è spesso accompagnata dall'attacco da parte di acari rizofagi e funghi.
L'avrete immaginato da soli che la pianta, nel giro di due o tre anni, deperisce pian piano fino a marcire.
Tuttavia l'attacco alle foglie piuttosto che alle radici dipende dalla pianta infestata.
La vite europea, ad esempio, non viene attaccata a livello dell'apparato fogliare, è immune alla puntura della Fillossera a questo livello, tuttavia le sue radici non lo sono.
I danni alle radici riguardano tutte le viti, ma si differenziano da specie a specie. Ad esempio, la vite americana in generale viene attaccata a livello radicale, ma solo alla periferia dell'apparato, dunque le radici non vengono compromesse nella totalità e la pianta supera indenne l'infestazione.

L'attacco dell'afide Fillossera distrusse in poco tempo i vigneti europei, primi fra tutti quelli francesi, e produsse gravi perdite economiche.

Fillossera che se la gode
in un'illustrazione del settimanale inglese Punch, 1890

Si cercò un rimedio, ma per circa trent'anni l'infestazione continuò inarrestabile.
Finalmente da Montpellier arrivò la proposta di Gustave Foeux, che si rivelò determinante nel fermare la moria di viti ed il collasso dell'industria vinicola: l'innesto della vite europea con quella americana.
Il ragionamento, a posteriori, era piuttosto semplice.
Alcune specie americane non venivano attaccate dalla Fillossera, poiché avevano sviluppato una resistenza nei suoi confronti, probabilmente dovuta a tanti anni di contatto con il parassita e quindi a mutazioni intervenute nel genoma.
Si decise quindi di innestare le radici della pianta americana resistente con la vite europea.
Fu il primo esempio di lotta biologica su larga scala e fu un vero e proprio successo, che salvò e salva ancora oggi l'intera produzione vinicola europea.

Vitis vinifera è la tipologia di vite coltivata in Europa ed è anche la pianta che si è deciso di innestare con la vite americana. Inizialmente, per la scelta di quest'ultima, si è ristretto il campo ai vigneti d'oltreoceano immuni alla Fillossera, poi sono stati creati degli ibridi per ottimizzare ancora di più le loro caratteristiche e questi ultimi sono stati innestati con Vitis vinifera.
Il risultato è stata una pianta di vite non attaccabile dal punto di vista delle radici e nemmeno da quello delle foglie, se ricordate quello che abbiamo detto poco sopra.
Se ve lo state chiedendo, le prime indagini dimostrarono che la parte radicale dell'innesto influisce solo sull'adattamento della pianta al terreno e sulla resistenza alla Fillossera, mentre la parte superiore della vite mantiene intatte le caratteristiche del vitigno europeo innestato.
Ovviamente prima di dare il via ad un intero vigneto l'innesto va testato.
Farne uno errato, infatti, può comportare un gran dispendio di denaro, dato che esistono parti radicali più o meno vigorose, che devono perciò essere associate a precise condizioni del terreno. La vigoria delle parti radicali, infatti, può influire sui tempi di maturazione e quindi sull'accumulo di zuccheri e polifenoli nell'uva.
Secondo quel che già sapete, il prodotto finale sarà quindi abbastanza differente nei vari casi.

Ora, per divertirci un po', metterò una foto e potrete indovinare dove è stata scattata.
Per il vincitore non ci sarà soltanto la gloria, ma anche la possibilità di scegliere un argomento per uno dei miei prossimi articoli e di risolvere (spero) così un dubbio biologico che aveva da tempo.
Per farvi venire più curiosità posso aggiungere che il soggetto della foto, ovviamente un vigneto per restare in tema, sarà l'oggetto del post della prossima settimana.
A parità di risposta esatta mi toccherà rispondere ai dubbi di tutti coloro che vinceranno, anche se, in questo caso, vi chiedo fin d'ora di essere pazienti e di venirmi un po' incontro con le tempistiche.
Non è per lusingarvi, ma so che siete dei bravi detective!
Vi aspetto nei commenti al blog o, se preferite, su Facebook, Google+ o Twitter.

Dove sarà?