sabato 30 agosto 2014

Blu aragosta
Lobster, she wrote

La maggior parte di voi ricorderà l'aragosta Pizzicottina, cui Homer era molto affezionato, in una puntata dei sempreverdi Simpson. Ricorderete anche i suoi sentimenti contrastanti al momento di mangiarla.
Se anche voi andate pazzi per i crostacei, specialmente le aragoste, sarete forse incuriositi dal fatto che esistono anche le aragoste blu!
La cosa che vi stupirà ancora di più è che non sono nemmeno le più rare.
L'idea per questo post mi è venuta dopo aver letto, qualche giorno fa, della cattura di un'aragosta blu nella costa nord est degli Stati Uniti, il ben noto Maine della Signora Fletcher e di Stephen King.

Aragosta blu
Foto di Justin Brook

Un tempo, tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo, di aragoste in zona ce n'erano così tante che venivano addirittura utilizzate come fertilizzante per i campi. Tuttavia, nel secolo successivo questi crostacei iniziarono a scarseggiare e divennero, ovviamente, molto costosi per chi voleva consumarli.

Contrariamente a quanto ci dicono i cartoni animati, l'aragosta (in questo post mi riferisco alla variante nordamericana, Homarus americanus) non è rossa come quando la vediamo nel piatto, bensì ha una sfumatura che va dal rosso scuro/blu profondo al verdastro, poiché in questo modo essa riesce a confondersi meglio con il fondale marino.

Homerus americanus

Passando un po' alle statistiche, la probabilità di trovare un'aragosta blu è una su 2 milioni di aragoste. Sono un po' pochine, vero?
Ebbene, non sono le più rare, dato che esistono anche quelle gialle e che se ne trova una su 30 milioni. Esistono, inoltre, anche aragoste con esattamente metà del corpo bruno e metà rosso (una su 50 milioni di aragoste).

Aragosta bicolore
(no, non è un Photoshop)

Da questo punto di vista, sembra quasi abbastanza comune trovare un'aragosta blu, rispetto a trovarne una gialla o bicolore.
Tuttavia ho lasciato la chicca per ultimo: esiste un tipo albino di aragosta e, udite udite, se ne trova un esemplare ogni 100 milioni.


Aragosta albina
Credits YourDailyMedia

Le aragoste albine sono le uniche che non cambiano colore dopo la bollitura, diventando color rosso brillante, come accade con gli altri esemplari.
Provare per credere, dopo essere riusciti a comprare un'aragosta albina, naturalmente.

A questo punto facciamo chiarezza su tutte le varie colorazioni e diciamo forte e chiaro che la pigmentazione dell' esoscheletro del crostaceo dipende da proteine prodotte dall'animale stesso.
In particolare, qualche anno fa uno studio del Dr. Harry Frank dell'Università del Connecticut è stato pubblicato nel Journal of Physical Chemistry. Nel testo si spiegava il motivo della colorazione blu, imputandola ad un difetto genetico proprio dell'individuo che la esprimeva.
Abbiamo già detto che normalmente l' esoscheletro dell'aragosta ha una colorazione che va dall'arancione scuro fino al blu scuro/verdastro, frutto della presenza di pigmento carotenoide (astaxantina), che dà il colore aranciato, e di crustacianina, un complesso proteico costituito da astaxantine riunite in “mazzetti” da altre proteine.
Secondo lo studio di Frank, la vicinanza delle proteine riunite in un “mazzetto” fa cambiare la configurazione degli elettroni negli atomi che le costituiscono e fa in modo che l'intero gruppo assorba una radiazione luminosa diversa da quella che verrebbe assorbita da una singola molecola di astaxantina.
In questo modo le molecole riunite in gruppi danno delle zone bluastre sull' esoscheletro dell'aragosta.
In un esemplare di aragosta blu la situazione appena descritta è spinta al massimo, dato che, per una mutazione genetica, il crostaceo produce una gran quantità di proteine che riuniscono l'astaxantina in crustacianina. Per questo motivo la colorazione blu si estende a tutto l'animale.
In questo caso la mutazione non è molto favorevole alla povera aragosta, la quale spicca moltissimo sul fondale marino rispetto alle sue compagne e viene più facilmente catturata.
A questo punto la domanda sorge spontanea: l'aragosta blu, quando si cucina, resta dello stesso colore?
Risposta negativa, il calore dell'acqua disfa la crustacianina, liberando le singole astaxantine, che donano la tipica colorazione rosso brillante all'aragosta bollita.
Enigma risolto, dunque. Ne sarebbe fiera anche Jessica Fletcher!

giovedì 14 agosto 2014

Mai dire mais - Campo di Granturco in centro a Milano

Metti una mattina in cui devi andare a fare una commissione.
E' Agosto e, anche se non fa caldissimo, sudi abbastanza, ma non demordi e confidi nelle ultime energie del caffè bevuto un'ora prima. Dove possibile, cerchi l'ombra, e dove non è possibile acceleri l'andatura nei tratti al sole. Giusto così, per aumentare la sudorazione.
Sei quasi arrivata a destinazione, ancora pochi metri e potrai farti accettare alla nuca da quell'amichevole aria condizionata all'ingresso di ogni negozio.
Ti giri un attimo a sinistra e vedi … un campo di mais!
No, no, un momento, qui siamo davanti al Castello Sforzesco, in pieno centro a Milano, non in una scena di Children of the Corn (Grano rosso sangue nella versione italiana).
Sarà un colpo di calore? Saranno ormai esaurite le forze derivanti dal caffè? Tutti dicono che la colazione è importante, sarà dunque la maledizione del nutrizionista o del dietologo che si abbatte su di me?
Niente di tutto ciò: il campo di mais c'è davvero e ci sono anche un sacco di turisti che si fotografano con lo sfondo del Castello e il mais; in effetti è una foto ricordo piuttosto strampalata.
Della serie: quest'estate sono stata a Milano e in un campo di mais. Nello stesso momento. 

Foto di Gea

Si tratta di un'installazione per Expo e si chiama Quantomais.

Ogni volta che sento dire “installazione” rabbrividisco. Probabilmente perché non sono del settore. La maggior parte non riesco a capirla, mi sembrano cose messe lì tanto per occupare spazio, anche perché non è che tu le guardi e basta. Bisogna leggere i cartelli esplicativi, di solito circa una decina, prima di comprendere il volo pindarico fatto dall'autore per arrivare a concepire una cosa che a te assomiglia ad uno scivolo ed invece rappresenta l'evoluzione vista con gli occhi di un capodoglio.
Torniamo a Quantomais. Si tratta di un campo di mais di 360 metri quadri messo a dimora a Giugno ad Abbiategrasso e trasportato in centro nottetempo a fine Luglio in vari bancali. Al momento viene curato lì, davanti al Castello, con un impianto di microirrigazione.
I bancali di mais sono disposti in modo da costituire corridoi e stanze interne, dove sono ospitate anche piante aromatiche e piante da orto.
In questo spazio si svolge un calendario di eventi densissimo, a base di musica, letture bendati e laboratori per i più piccoli.
Ora, di tutte le installazioni che ho visto in vita mia, almeno questa si configura come uno spazio per eventi, da vivere, un po' per tutte le età. Devo dire che trovarsi difronte ad un campo di mais all'improvviso nel centro di una città è piuttosto curioso. Se volete visitarlo, comunque, affrettatevi: a fine Agosto il campo verrà “smontato” ed i bancali con le piante ceduti a giardini, scuole ed università che ne faranno richiesta. Proprio così, esiste un bando di adozione per “riciclare l'installazione” e potete trovare tutti i dettagli nel sito internet dedicato.
Io comunque da Quantomais sono capitata per caso e sono rimasta colpita, anche se per le installazioni non ho proprio la passione!

Abbiamo già parlato di mais colorato in un post di Aprile.
Oggi ricorderemo due vignette che a me fanno sempre ridere.

"Ti avevo detto di mettere la protezione solare!"
"Fa caldo fuori?"
"Oh, stai zitto!"




Com'è fatto un chicco di mais e, soprattutto, cosa succede quando facciamo il pop corn?
Il chicco è costituito da tre strati.
Il più interno si chiama endosperma ed è quello che costituisce la maggior parte del chicco. Qui c'è soprattutto amido in granuli, inserito in una matrice proteica, ed una piccola parte di oli ed acqua.
Lo strato intermedio è definito germe e si può dividere in tre parti:
  • quella che, se piantiamo il chicco, darà origine alle foglie;
  • quella che costituirà le radici della nuova pianta;
  • la terza parte, fatta di oli vegetali, che darà energia alla pianta durante la crescita.
Lo strato più esterno, molto resistente, si chiama pericarpo e si compone essenzialmente di cellule morte e strati spugnosi che servono ad assorbire l'acqua necessaria per la germinazione.
Infine, possiamo inserire nella nostra descrizione anche la parte apicale del chicco, costituita di materiale fibroso che ha la funzione di connettere il chicco alla pannocchia.
Quando si fa il pop-corn succede una cosa piuttosto semplice a raccontarla così: il chicco esplode e si rivolta, l'interno esce e l'esterno si accartoccia su sé stesso rimanendo nella parte centrale del pop-corn.

Perchè accade? La causa sta nella struttura del chicco stesso, che si comporta come una piccola pentola a pressione, ma alla fine deve arrendersi alle leggi della fisica.
Una piccola parte dell'acqua contenuta nell'endosperma evapora e fa aumentare la pressione tra le pareti del chicco, le quali sono resistenti e dunque non cedono, creando l'effetto pentola a pressione accennato sopra. Il vapore rovente scioglie l'amido in granuli e lo fa mescolare con l'acqua allo stato liquido ancora presente, non evaporata a causa dell'aumento di pressione di cui parlavamo prima.
Nel frattempo, la temperatura interna del chicco continua ad aumentare, ed essendo il volume fisso, poiché è l'interno del chicco stesso, anche la pressione nell'endosperma aumenta, finchè il pericarpo non riesce più a sopportarla ed esplode.
L'acqua allo stato liquido evapora e fa raffreddare l'amido, che solidifica in schiuma bianca: ecco servito il vostro pop-corn!
Cosa c'è di più bello rispetto a pensare a questo piccolo miracolo che unisce la perfezione di un chicco di mais con il relax di una serata davanti ad un bel film?
Un video alla moviola dei chicchi che scoppiano!
Godetevelo e la prossima volta fate una bella figura con gli amici!