Le
tigri si esprimono attraverso una varietà di ruggiti, il più
fragoroso dei quali è probabilmente il potente aaonh a
cui maschi e femmine in calore ricorrono soprattutto durante la
stagione degli accoppiamenti. È un richiamo udibile a grandi
distanze e se lo ascoltate da vicino rimanete pietrificati. Poi c'è
il woof delle tigri colte di sorpresa: un concentrato
di furia secca e penetrante come lo scoppio di una bomba. Quando
attaccano, i ruggiti sono gutturali e rauchi. Il brontolio rabbioso
che usano a scopo di minaccia ha un timbro ancora diverso. Le tigri
ringhiano e soffiano:
a
seconda dello stato d'animo, questi versi ricordano il fruscio delle
foglie d'autunno - solo più energico - oppure un'enorme porta dai
cardini arrugginiti che si apre lentamente. In entrambi i casi
l'effetto è agghiacciante. Le tigri gemono e grugniscono; fanno
perfino le fusa, anche se più raramente dei gatti e soltanto
espirando. (Solo i gatti fanno le fusa anche inspirando.) […]
Le
tigri fanno persino miao, con un'inflessione simile a
quella dei gatti, ma più sonora e dalla tonalità più profonda, che
non invoglia certo a chinarsi e prenderle in braccio.
E le tigri
possono anche stare in silenzio, un silenzio totale e maestoso.
Avevo
sentito tutti questi versi durante la mia infanzia. Ma non il
prusten.
Se
ero al corrente della sua esistenza, era perché papà me ne aveva
parlato. Ne aveva letto la descrizione nella letteratura zoologica.
Ma l'aveva sentito solo una volta, durante una visita allo zoo di
Mysore, nell'ospedale degli animali, da un giovane esemplare maschio
con la polmonite.
Il
prusten è il più pacato fra i versi della tigre, uno sbuffo dal
naso che esprime cordialità e intenzioni pacifiche.
Richard
Parker lo fece un'altra volta, accompagnandolo con un lieve movimento
del capo. Chiunque, guardandolo, avrebbe giurato che mi stesse
domandando qualcosa.
-
Vita di Pi -
La Natura ci sorprende
sempre, nemmeno una volta lascia insoddisfatta la nostra curiosità.
Io, ad esempio, non
sapevo che la tigre facesse tutti questi versi e con questa varietà
di significati. Mi ci è voluta la lettura del libro di Yann Martel
per scoprirlo. Libro che è diventato ancora più noto per il
pluripremiato film di Ang Lee da esso tratto.
La storia è quella di un
ragazzino indiano, Piscine Molitor Patel, la cui famiglia possiede
uno zoo. La devozione per gli animali fa in modo che in lui nasca una
profonda ammirazione per tutte le creature ospitate nelle gabbie. La
zoologia, insieme con le religioni, diventa la sua passione.
Purtroppo gli affari non vanno bene per il padre, che decide di
vendere gli animali e trasferirsi con la famiglia in Canada. La nave
su cui viaggia la famiglia di Piscine, per gli amici Pi, sparisce
durante una tempesta in mare aperto e lui sarà uno dei due unici
superstiti.
L'altro è Richard
Parker, un esemplare maschio di tigre del Bengala, con cui Pi dovrà
condividere scialuppa ed avventure in mezzo all'Oceano Pacifico.
Non preoccupatevi, non vi
ho svelato praticamente nulla del libro. La storia è molto più
ricca di sfaccettature rispetto a quelle a cui accennavo poco sopra.
Su tutto emerge,
maestosa, la figura della tigre, uno dei miei animali preferiti:
fiera, nobile e terribilmente selvaggia.
Se leggiamo la
tassonomia, si tratta di un gattone gigante, che arriva a misurare
quasi 4 metri per poco meno di 400 kg di peso. Il suo nome
scientifico è Panthera tigris e
condivide lo stesso genere con il leone, il leopardo ed il giaguaro.
La tigre adulta è un animale ai vertici della catena alimentare nel
suo ambiente naturale, un cosiddetto predatore alfa, che si ciba
soprattutto di ungulati simili a cervi e bovini.
Un
tempo esse erano diffuse in tutta l'Asia, dalla Turchia alla parte
più ad Est della Russia, ma al giorno d'oggi il loro habitat è
molto meno esteso, oltre ad essere frammentato ed in generale
distrutto. Se ci aggiungiamo anche il bracconaggio non è difficile
concludere che la tigre è un esemplare in pericolo di estinzione:
all'inizio del ventesimo secolo se ne contavano circa 100.000
esemplari, al giorno d'oggi ce ne sono meno di 4000 che vivono nel
loro habitat naturale.
La
tigre è un animale solitario e sociale.
Wow,
come può essere? In generale ogni esemplare ha un proprio
territorio, che a volte si sovrappone con quello di altre tigri, ma
di solito succede solo ai maschi, che lo fanno per avere a
disposizione più femmine nel periodo dell'accoppiamento. Quando si
tratta di dividere una preda, tuttavia, non è inusuale che a
cibarsene non sia solo chi l'ha uccisa, ma anche qualche femmina con
i cuccioli.
La
tigre ama, inoltre, fare il bagno: come darle torto, specialmente in
questo periodo? Strano per essere un gatto, è vero.
Esistono
sei specie di tigri tuttora viventi. Forse una delle più conosciute
è la tigre del Bengala, che esiste anche nella variante bianca e
nera. Infatti tutti noi siamo abituati a pensare ad un bel tigrottone
arancione a strisce nere, ma in quanti hanno visto per caso una foto
di una tigre bianca e nera ed hanno esclamato: “Caspita, anche le
tigri possono essere albine!”.
Amici, non fatevi cogliere in
fallo dal compare più saputello: la tigre bianca NON è una tigre
albina, ma una tigre con una mutazione a carico di un particolare
gene.
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Una coppia di tigri bianche allo zoo di Haifa Foto di Zvi Roger - Haifa Municipality |
Procediamo
con ordine, la melanina sappiamo che è un pigmento che dà colore
alla pelle ed ai capelli o più in generale ai peli del nostro corpo
e del corpo degli animali. Ne esistono due varianti: la feomelanina
produce colorazioni che vanno dal giallo al rossiccio, l'eumelanina
dà colorazioni che vanno dal marrone al nero. Le tigri bianche non
producono feomelanina, ma continuano a poter produrre eumelanina, per
questo hanno un manto bianco a strisce nere.
Una
tigre albina, invece, non potrebbe produrre nessun tipo di melanina e
quindi sarebbe completamente bianca.
Uno
studio cinese del 2013, che come sempre potete leggere per intero
utilizzando i riferimenti a fondo pagina, si è concentrato sulle
motivazioni della particolare colorazione della tigre e ne ha tratto
alcune interessanti conclusioni.
Ci si
è concentrati sui geni che erano i principali candidati per la
colorazione del manto della tigre e si è visto che in particolare il
gene SLC45A2 potrebbe essere la causa di tutto.
Questo
gene codifica una proteina chiamata con il difficile nome di
trasportatore proteico associato alla membrana, che nello
specifico altro non è che una delle tante tipologie di porte
girevoli che possediamo nella membrana di ognuna delle nostre
cellule.
E'
semplice: la cellula per sopravvivere deve rimanere un sistema
controllato, quindi per far entrare ed uscire sostanze varie da essa
è necessario utilizzare degli stratagemmi; uno di questi è il
trasportatore di membrana, che assomiglia a quelle cabine che spesso
sono all'ingresso delle banche, in cui entri, ti si chiude la porta
dietro e poi ti si riapre davanti per lasciarti entrare nella banca
vera e propria. In più, i trasportatori di membrana, all'interno,
hanno l'esatta conformazione della molecola che devono trasportare.
Per
fortuna quest'ultima cosa ce la risparmiano ancora nelle banche,
sebbene spesso ci si chieda anche cos'altro dovrai lasciare nella
cassettina all'ingresso, visto che la cabina continua a suonare e a
non volerti far entrare.
Ecco,
comunque, spiegata in parole povere la funzione delle proteine
trasportatrici di membrana.
In
particolare SLC45A2 si occupa della produzione della melanina e
sembra che il cambiamento in un singolo mattoncino di tutta la
proteina, sia responsabile per la mancata sintesi di feomelanina e
dunque per l'esistenza di tigri bianche e nere. Volete sapere come?
Facile, cambia la forma della “cabina” interna al trasportatore,
quindi la molecola che prima veniva fatta entrare o uscire senza
problemi, ora non ci entra più. Di conseguenza non si hanno più
mattoni per produrre feomelanina.
La
totalità delle tigri bianche oggi viventi sono state fatte nascere
in cattività, grazie ad incroci controllati all'interno degli zoo.
La variante bianca in natura è stata avvistata ed uccisa per
l'ultima volta nel 1958, tuttavia non è detto che non ne esistano
altre, data la rarità della mutazione.
Lo
studio citato ha proprio voluto dimostrare che la mutazione a carico
del gene SLC45A2 è naturale e non si produce solo in cattività.
Al
contrario, gli individui fatti nascere da incroci controllati spesso
vengono al mondo già morti o presentano deformità ed in generale
non raggiungono l'età adulta. Le problematiche a carico dei
cuccioli, infatti, derivano da fenomeni di inbreeding,
incrocio tra individui troppo “vicini” geneticamente, mentre non
ci sono in natura, dove le tigri bianche raggiungono tranquillamente la maturità.
Bene, ora che avete fatto una bella scorpacciata di genetica, distendete i neuroni con il post seguente ... questa settimana vi viziamo proprio!