giovedì 27 marzo 2014

Forza e coraggio lo scarafaggio!

La prima volta che vidi uno scarafaggio in vita mia fu a scuola. Non era morto e conservato sotto formalina per scopi didattici, ma si aggirava leggiadro tra gli zaini ed i pioli dei banchi nell'aula semivuota in un mattino invernale. Stranamente non fu un sentimento di schifo quello che mi sorprese, ma di curiosità. In molti parlavano di questi animaletti orridi con tantissime zampette, anche Teo Robinson aveva un amico che si chiamava Scarafaggio ne “I Robinson” e vederlo dal vivo era un evento dal mio punto di vista. E' naturale che mi feci qualche domanda, dato che il nostro primo incontro fu in un edificio scolastico piuttosto che in una discarica, tuttavia con il senno di poi ho chiare molte più cose.
Ad esempio, durante il mio primo trasloco, nella penombra del salotto vidi uno scarafaggio attraversare il parquet scuro e nascondersi sotto un mucchio di giornali. Alle mie urla e vibrazioni, rispose tornando indietro verso gli scatoloni del trasloco. Finì male per lui, ma di sicuro non per merito mio, dato che l'idea di schiacciare un insettone di quelle dimensioni mi dava il voltastomaco. In seguito una mattina, scendendo dal letto, ne trovai uno agonizzante vicino alle mie ciabatte (nel frattempo avevo piazzato delle trappole). Di nuovo seguì il momento di caccia, con una me stessa urlante sul letto.
La mia casa è sporca? Non direi, date le mie innate manie igieniche. E' stata costruita di recente? No, forse c'entra qualcosa. Finirò come il vecchietto cattivo di Creepshow (evito il link perchè è abbastanza disgustoso)? Non lo so, ma comunque da parecchio tempo ho abbracciato l'idea di conoscere meglio il mio “nemico” e tentare in questo modo di capire quale sia la battaglia personale che sta combattendo, al fine di comprendere meglio la sua posizione. Inutile dirlo, tendo ad antropomorfizzare qualsiasi cosa, ormai lo avrete capito.
Ho introdotto l'argomento scarafaggi perché qualche tempo fa ho letto un trafiletto interessante su un settimanale. Aveva per argomento gli scarafaggi di New York e vi era scritto che quasi in ogni quartiere della Grande Mela esiste un particolare gruppo di questi insetti, arrivato da tempo immemore e lì ormai diventato stanziale. Con lui, ovviamente, anche il suo DNA si trova in quel preciso quartiere e, attraverso un ambizioso progetto di DNA Barcoding, la Rockefeller University sta cercando di “etichettare” i vari gruppi, cioè di dividere i vari tipi di scarafaggi in abitanti dell' Upper East Side, Brooklin, East Side e così via, a scopo tassonomico.
Il DNA Barcoding (barcode significa codice a barre in inglese) è un metodo di classificazione degli organismi eucarioti basato sul riconoscimento di un breve marcatore genetico, una sequenza di DNA di poche basi, per identificare un organismo appartenente ad una specie definita. A differenza di altri metodi, il DNA barcoding non è usato per cercare relazioni tra organismi, ma per collocare un campione ignoto all'interno di una classificazione già esistente. Rimane comunque ovvio che, nel caso l'organismo ignoto non possa essere inscritto in nessun gruppo già esistente, si potrà parlare di una nuova specie.
Per quanto riguarda gli animali si è scelto di prendere come barcode una parte del gene che codifica per la citocromo ossidasi mitocondriale. Prima e più importante caratteristica, il DNA prescelto per svolgere questo ruolo deve avere una grande variabilità tra le specie ed una scarsa variabilità all'interno della specie.
Sebbene il metodo non sia stato accolto da tutta la comunità scientifica con lo stesso entusiasmo e siano stati avanzati numerosi dubbi sulla sua efficacia, esistono diversi progetti scientifici fondati proprio sul DNA Barcoding.
Secondo i dati della Rockefeller Univesity, nell' Upper East Side sembra prevalere il German Cockroach, arrivato lì con le prime ondate migratorie europee, mentre fuori Manhattan è diffuso l'American Cockroach, probabilmente giunto dall'Africa con altre migrazioni, quelle degli schiavi.
Visitando il sito apposito (National Cockroach Project) ogni cittadino di New York può contribuire all'invio di campioni (morti, come c'è scritto espressamente; chissà, magari c'era gente che li mandava vivi nella busta chiusa). Che cosa si ottiene in cambio? Tra le altre cose, come espressamente citato nella home page: a cool topic to talk about with friends, un argomento figo di cui parlare con gli amici.
Già, magari davanti ad una pizza.
Anche se io non ricordo molte persone entusiaste quando, durante una cena, mi metto a spiegare le terribili cose che possono nascondersi nella carne cruda; figuriamoci con gli insetti cosa succederebbe.
Quali sono gli interrogativi che giacciono al fondo di questo progetto? Studiare l'evoluzione ed i pattern migratori degli scarafaggi attraverso il loro DNA, scoprirne magari nuove specie e, perché no, sensibilizzare la popolazione.
A dispetto di quello che si può pensare, solo 4 o 5 specie di scarafaggio sono effettivamente dannose per l'uomo perché contaminano le derrate alimentari stoccate nei magazzini. In realtà l'insetto è solo un mezzo attraverso il quale l'uomo può subire una contaminazione indiretta, dato che esso frequenta spesso posti abbastanza discutibili, come gli scarichi fognari ed i cassonetti, e poi entra in casa con il suo vestitino di batteri, virus, epatite A e così via.
Di per sé, tuttavia, gli scarafaggi sono origine di fenomeni allergici, come l'asma, nella specie umana.
Molti entomologi sono impressionati dalla capacità evolutiva del genoma degli scarafaggi. Da sempre si sa che sono difficili da eradicare una volta che si sono installati in casa, tuttavia stanno emergendo nuovi individui capaci di evitare le trappole fondate su miscele contenenti glucosio come esca.
Dopo più di dieci anni dall'uscita del film, ho finalmente capito questa scena di "Men In Black" in cui un gigantesco alieno – scarafaggio si impossessa del corpo di un contadino ed entrando in casa chiede alla moglie un bicchiere di acqua con tantissimo zucchero.




Per concludere, il titolo di questo post ricorda una frase di incoraggiamento coniata da un mio compagno di classe, il quale amava ripeterla come posseduto da una forza soprannaturale all'interrogato di turno. Nessuno pensava che un fondo di verità ci fosse davvero, dato che nel corso degli anni lo scarafaggio è stato preso come esempio di resilienza in campo entomologico (nda: dal latino resiliens -entis, part. pres. di resilire, "rimbalzare" - in ecologia e biologia è la capacità di un materiale di autoripararsi dopo un danno o di una comunità (o sistema ecologico) di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stata sottoposta ad una perturbazione che l'ha allontanata da quello stato. In psicologia, la resilienza viene vista come la capacità dell'uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente1)
Lo scarafaggio, capace di resistere senza cibo per tre mesi e senza acqua per un mese, resistente al freddo in alcuni casi e certe volte quasi immortale dopo essere stato schiacciato, è stato citato persino da Madonna in una sua dichiarazione:
“I am a survivor. I am like a cockroach, you just can't get rid of me” - “Sono una che sopravvive. Sono come uno scarafaggio. Semplicemente, non ci si può liberare di me”.


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