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giovedì 1 maggio 2014

Angelo, i crostacei e gli Indiani d'America

Può piacere o non piacere, comunque Angelo Branduardi rimane uno dei cantanti italiani più amati degli ultimi anni. La sua personalità creativa ed originale ed il suo talento musicale sono scarsamente ignorabili.
Inoltre, a me piace molto, nel caso non fosse chiaro fino a questo momento.
Forse saranno i capelli che mi ispirano simpatia, perché da un certo punto di vista sono simili ai miei, tuttavia i suoi ritmi un po' strani e le sue canzoni, se vogliamo un po' demodé, fanno da sempre parte del mio repertorio culturale.
Per rispondere alla domanda che si sarà affacciata alla vostra mente, non sono impazzita e non voglio annoiarvi con i miei gusti musicali. Vorrei parlarvi della Daphnia magna.

Iniziamo dalle basi: che cos'è l'ecotossicologia?
Essa è stata definita da Truhat nel 1977 come la branca della tossicologia che si occupa dello studio degli effetti tossici causati da inquinanti naturali o sintetici sui costituenti degli ecosistemi animali, vegetali o microbici.
L'ecotossicologia quantifica gli effetti dei fattori di stress sulle popolazioni naturali, comunità o ecosistemi. Quello che si fa con gli esami di laboratorio, in pratica, è il monitoraggio del grado di inquinamento, in modo che si riesca a predire, per quanto possibile, i suoi effetti e si riescano a prendere le contromisure necessarie. Queste analisi vengono svolte con l'aiuto di bioindicatori, organismi che possiedono determinate caratteristiche e sono sensibili a particolari sostanze inquinanti.
La Daphnia magna è un piccolissimo crostaceo usato nei test di tossicità delle acque, poiché estremamente sensibile all'inquinamento da metalli pesanti (piombo, cadmio, zinco, rame ecc.).
Il test di tossicità acuta viene effettuato su concentrazioni differenti di inquinante, così da determinare gli effetti tossici sul crostaceo in presenza di quantità diverse di metalli pesanti.
I neonati di Daphnia vengono messi nel campione e, dopo un periodo di tempo prestabilito (24h o 48h), si osserva quanti ne sono sopravvissuti.
Il test di tossicità cronica, invece, ha una durata di 21 giorni. I presupposti sono gli stessi, la differenza sta nel fatto che, al termine del periodo, viene rilevato il numero totale di neonati vivi prodotti da ciascun progenitore vivo alla fine del test.

  
30 secondi di Daphnia magna

L'ecotossicologia sta prendendo sempre più campo nelle analisi di monitoraggio di vari tipi di acque, dagli scarichi alla balneazione, perciò è importante sapere che questi piccoli crostacei sono di fondamentale aiuto non solo per l'uomo, ma anche per la loro stessa specie. Infatti fanno in modo che sia possibile prendere delle misure di salvaguardia da questi inquinanti, che salveranno non solo il genere Daphnia, ma anche molti organismi che vivono nel loro stesso habitat. Ad esempio, molti pesci si cibano di questi piccoli crostacei e si è notato che la morte di questi ultimi nei corsi d'acqua inquinati ha portato anche alla scomparsa di alcune specie ittiche.
La Daphnia è, infatti, una delle basi della catena alimentare delle specie di acqua dolce.

Che cosa c'entra questo post con Branduardi? 
Il nome comune della Daphnia magna è “pulce d'acqua” ed il menestrello prese l'idea per la sua canzone da un'antica leggenda dei nativi d'America, narrata da Jaime de Angulo nel libro “Racconti indiani”.
Si narrava, tra le tribù californiane di pellerossa, che durante la notte la propria ombra si staccasse dal corpo e se ne andasse a vagare per i dintorni. All'alba la prima cosa da fare era cantare per farla ritornare, poiché senza un'ombra non è possibile vivere, ci si ammala e si muore poco dopo.
Il racconto di Jaime De Angulo narra le vicende di una famiglia di animali – uomini, personaggi che hanno un po' degli uni e un po' degli altri, che compie un lungo viaggio. Durante il tragitto uno degli adulti si ammala e, dopo aver consultato una sciamana, capisce che la sua malattia deriva dal fatto che la sua ombra gli è stata rubata appunto da una pulce d'acqua.
Il motivo? Aver riso di lei mentre volteggiava nell'acqua, anche se l'uomo lo aveva fatto senza alcuna volontà derisoria, ma semplicemente perché il piccolo animale lo aveva divertito. Tuttavia, la moglie del protagonista dice, giustamente: “Tu cosa diresti se uno straniero venisse al tuo campo, ti fissasse a lungo e poi iniziasse a ridere di te tenendosi i fianchi?”.
Il mattino seguente la sciamana dà una soluzione per riprendersi la propria ombra: andare nel posto in cui quest'ultima è stata rubata e cantare una canzone, che farà salire la pulce d'acqua in superficie. A quel punto bisognerà chiedere indietro all'esserino la propria ombra in modo fermo e asciutto e poi andarsene senza discutere con la pulce.
Inutile dire che la strategia funzionò e l'ombra fu restituita.
Leggendo il resto del libro, gli altri animali nominati nel testo, cioè la serpe verde e la mosca d'autunno, sembrano essere presenti in alcuni canti sciamanici citati, pieni di potere magico e curativo. E' possibile che si tratti di riferimenti alle tante creature presenti nel folklore dei nativi americani.
Attenzione, quindi, a deridere i piccoli esserini intorno a voi … se sono permalosi, c'è la possibilità che vi facciano un brutto scherzo!


Angelo Branduardi - La pulce d'acqua

giovedì 17 aprile 2014

Life in plastic is fantastic ... or is it?

Era il lontano 1997 ed un gruppo danese/norvegese, i cui componenti avevano nomi impronunciabili, scalava le classifiche mondiali con un singolo rimasto impresso nella mente di molti giovani: Barbie Girl. Gli Aqua, questo il nome del complesso musicale, sfondarono con il singolo anche grazie al loro video in cui i due cantanti vestivano i panni di Barbie e Ken. Dato il testo della canzone, non proprio lusinghiero nei confronti della celebre bambola, furono querelati dalla casa produttrice Mattel, ma la questione si risolse con un giudizio a favore del gruppo, poiché la canzone fu considerata dai giudici una parodia. 
Per chi non lo ricorda, ecco qui il video musicale in questione.


Una strofa di questa canzone, a suo tempo ballata anche dalle mie gambe di cemento armato, recitava “Life in plastic is fantastic”. Con cupa ironia, mi è tornata in mente l'altro giorno, quando, rientrata dalla spesa e in procinto di liberare dal loro imballaggio gli alimenti acquistati per riporli nella dispensa, ho visto il cestino della plastica riempirsi ad una velocità allarmante.
In pratica, avevo gettato la spazzatura un'ora prima e sarei già dovuta scendere di nuovo.
Così mi sono chiesta: per quale motivo la plastica è utilizzata in modo così estensivo per gli imballaggi alimentari ed anche per molti altri oggetti che utilizziamo nella vita quotidiana?
Innanzitutto è un materiale di facile e piuttosto economica lavorazione, ma soprattutto è molto resistente, idrorepellente e resistente agli acidi, leggero e inattaccabile da funghi e batteri.
Insomma, un materiale di origine quasi divina, utile nella vita quotidiana e molto versatile.
Le informazioni a me ignote, tuttavia, erano molteplici.
Ad esempio non ero a conoscenza del fatto che i polimeri plastici derivassero dalla lavorazione del petrolio, anche se sapevo che la plastica non è biodegradabile, ma solamente fotodegradabile. 
Anche quest'ultimo processo, tuttavia, riesce a ridurre il materiale in particelle microscopiche, ma non lo fa scomparire del tutto.
Un argomento che ha attirato la mia attenzione è stato quello del Great Pacific Garbage Patch, la grande chiazza di spazzatura del Pacifico, e un po' mi vergogno di questa mia scarsa informazione.
Il Great Pacific Garbage Patch è il risultato della concentrazione di inquinanti plastici marini operata dalle grandi correnti che esistono nella zona dell'Oceano Pacifico. A differenza di quanto possa venirci in mente, non si tratta di un'isola di rottami plastici che va alla deriva nell'oceano, quanto di minuscolo particolato sospeso sulla superficie dell'acqua o appena al di sotto di essa. Quale sia la sua estensione è solo una congettura poiché non è possibile vedere la chiazza da un aereo o da satellite, ma solo campionando la zona. Le stime fanno comunque aggirare la quota tra i 700.000 km2 e più di 15.000.000 km2. Alcuni la fanno breve e dicono che è circa due volte l'estensione degli Stati Uniti.
Prima di tirare un sospiro di sollievo pensando che è lontana mille miglia e più dalla nostra penisola, meglio pensare al fatto che esistono altre due zone simili, una nell'Oceano Indiano ed una nell'Atlantico.
Che cosa c'è all'interno di queste chiazze? Essenzialmente spazzatura a componente plastica, per più della metà derivante da scarichi illegali o semplicemente da gente che getta in mare bottiglie di plastica, spazzolini, giocattoli e chi più ne ha più ne metta. L'altra quota del totale deriva da navi da carico, piattaforme e navi da pesca. Da non sottovalutare è anche il contributo dato dai grandi fiumi che sfociano ovviamente nel mare e portano con sé tutta la sconsideratezza di uomini che hanno scaricato a monte questo materiale.
Consideriamo prima di tutto che in molte delle aree campionate la concentrazione totale di plastica è circa sette volte superiore a quella dello zooplancton e, dunque, immaginiamo senza ulteriore sforzo quanto sia pericoloso per la fauna marina abitare un simile ecosistema. Senza parlare di molti uccelli che mangiano questa stessa plastica, che viene ritrovata nel loro stomaco e documentata da foto reperibili facilmente in rete.
Se proprio non ci si sente nemmeno un minimo impauriti da queste informazioni, basta pensare che le particelle polimeriche di plastica rilasciano inquinanti organici tossici (PCB, IPA) che vengono ingeriti dalle meduse, solo per fare un esempio, le quali a loro volta sono predate da pesci più grandi. Gli stessi pesci che poi andiamo a comprare al mercato.
Anche qui l'equazione è semplice quanto l'ingresso di sostanze tossiche nella catena alimentare.
Ovviamente lo smaltimento delle materie plastiche e lo sviluppo di nuovi materiali biodegradabili che abbiano le stesse caratteristiche è al centro delle ricerche di numerose aziende del settore, ma ancora molta strada è all'orizzonte prima di poter ridimensionare quella che ha le carte in regola per essere definita una vera e propria tragedia per il nostro pianeta e per i suoi abitanti.
A mio avviso, l'opportuna sensibilizzazione è già un gran passo avanti, anche se a volte imparare queste cose ci colpisce nel profondo.
Mi preoccupo di più, tuttavia, quando questo argomento non sortisce alcun effetto nell'ascoltatore.

Il collegamento qui sotto è ad un video trovato su YouTube e secondo me di grande interesse, poiché in quattro minuti fa venire un magone epocale. Ovviamente ce ne sono moltissimi altri, se voleste approfondire l'argomento.
Buona visione.