Ormai in molti conoscono
gli X-Men, volenti o nolenti.
In più, ci si divide
sostanzialmente in tre gruppi: quelli che sanno tutto sia dei film
che dei fumetti da cui sono stati tratti, quelli che vedono dieci
secondi di trailer e cambiano canale, quelli che guardano i film, li
trovano belli, ma fermati lì.
Poi ci sono quelle che ti
dicono “Io degli X-Men conosco Wolverine”, chissà perché.
Personalmente non sono
una fan dei fumetti, anche se, grazie ai film ed alla passione di
alcune persone a me molto vicine, sono rimasta piacevolmente colpita
da quel che giace al fondo di questa saga. Siccome in molti si stanno
preparando ad invadere i cinema per l'arrivo, proprio oggi, del nuovo
capitolo della serie, mi sembrava opportuno scrivere qualcosina,
anche per le sventurate (di solito sono le fidanzate, in questo caso)
che saranno trascinate senza pietà a godersi ore di combattimenti,
lettura nel pensiero ed uno strano caschetto.
Per fortuna che c'è
Wolverine, sul quale ci dilungheremo in un post successivo.
Innanzitutto gli X-Men si
chiamano così perché tutti quanti possiedono il Gene X, una
mutazione a carico del loro genoma che conferisce loro
caratteristiche straordinarie. Solo per fare un esempio: capacità di
telepatia o telecinesi, possibilità di manipolare gli elementi
atmosferici o i campi magnetici, resistenza fisica portata
all'impossibile, capacità di mutarsi completamente in qualsiasi
altra persona.
La caratteristica che mi
porta ad apprezzare particolarmente questo gruppo di personaggi è
che, a differenza di una miriade di altri loro colleghi, i loro
poteri non sono derivati da un incidente straordinario, come è
avvenuto per Spiderman o per Hulk, ma da un avvenimento naturale,
sebbene ovviamente portato nel campo della fantascienza.
Il
primo albo di fumetti sugli X-Men fu pubblicato nel 1963 da Marvel
Comics. In esso i mutanti erano solo un piccolo gruppo di
adolescenti, non accettati dal mondo ed in preda a cambiamenti
profondi di psiche e corpo. Problemi comunque più pressanti nel loro
caso rispetto alla normale acne o ad altezze sproporzionate di
ragazzini sottilissimi dal discutibile odore. Quando non sei né
carne né pesce, insomma, anche se per gli X-Men c'era qualche
problemino in più.
La
tematica del fumetto scava, tuttavia, ancor più nel profondo. Al
centro ci sono la diversità del mutante, essere mostruoso ed
incompreso in un mondo di umani e perciò considerato pericoloso. Il
vero problema, tuttavia, è che di mutanti non ce ne sono proprio
pochissimi nel mondo, quindi gli umani “normali” tentano di
arginare il fenomeno con sperimentazioni su sieri che possono far
“guarire” dal Gene X o semplicemente mettendo in atto la volontà
di registrare i mutanti.
Un
primo passo verso la discriminazione e l'odio razziale, insomma.
In
tutto ciò gli stessi X-Men si dividono in due fazioni; da un lato
Charles Xavier, potente telepate, fiducioso in un utopico mondo in
cui mutanti ed umani coesistono, dall'altro Magneto, in grado di
manipolare metallo e campi magnetici a suo piacimento, ostile agli
umani e sostenitore della superiorità dei mutanti.
Una
storia affascinante e ricca di sfaccettature, probabilmente per
questo motivo il rilancio sul grande schermo ha rivalutato anche le
sorti del fumetto.
La
mutazione è da sempre stata la base dell'evoluzione poiché
determina la variabilità genetica che possiamo individuare con un
unico sguardo alle persone intorno a noi.
Di
che cosa si tratta? Si definisce come un cambiamento permanente ed
ereditabile del patrimonio genetico e può avvenire in qualsiasi
organismo. Si tratta di un processo lento e casuale, che può
risultare in un cambiamento positivo, negativo o indifferente per
l'individuo mutato.
Un
esempio che mi è sempre sembrato molto esplicativo è il caso della
Biston betularia, una falena che si mimetizzava su tronchi di
albero ricoperti da licheni di colore chiaro, dato che anch'essa
aveva ali chiare che le permettevano di passare inosservata ai
predatori.
Biston betularia morpha typica Foto di Olaf Leillingen |
Con l'avvento della rivoluzione industriale in
Inghilterra, molti di questi licheni scomparvero ed il tronco degli
alberi annerì per l'inquinamento ed i fumi industriali. Le falene
che, per una mutazione, nascevano con le ali scure avevano un
vantaggio notevole nei confronti di quelle con le ali chiare e
sicuramente venivano predate in misura molto minore.
Biston betularia betularia morpha carbonaria Foto di Olaf Leillingen |
Dopo un certo
periodo di tempo la popolazione dalle ali scure soppiantò
completamente quella delle sorelle con ali biancastre. Il fenomeno fu
chiamato “melanismo industriale” e fu spiegato come una mutazione
spontanea del gene responsabile del colore delle ali accompagnato da
una selezione naturale sfavorevole per le falene che in un primo
tempo erano il gruppo predominante, quelle dalle ali chiare.
Le
mutazioni possono essere spontanee o indotte da agenti esterni, come
sostanze chimiche, ad esempio; senza scomodare i rifiuti tossici,
basti pensare alle sostanze contenute nello scarico dei motori, nelle
sigarette o nella parte carbonizzata dei cibi. Anche i raggi
ultravioletti sono mutageni
La
mutazione può interessare una piccolissima parte del genoma, un
intero gene o una zona ancora più grande del nostro corredo
genetico.
Se per l'organismo esiste
la capacità di mutare, esiste anche l'opposto, cioè un meccanismo
di riparazione del genoma mutato. E' come una bilancia: se il
tasso di riparazione è alto, quello di mutazione è ridotto e
viceversa. I vari meccanismi di riparazione, tuttavia, differiscono
da più semplici a più complessi, anche se non sempre quelli più
complessi corrispondono ad un maggior livello evolutivo. Gli umani,
ad esempio, hanno in comune alcuni di questi meccanismi con le
mosche.
Avremo modo di
approfondire alcuni interessanti casi di mutazione in altri post,
nel frattempo vi lascio con una battuta del film X-Men, che riporta
nel mondo della finzione le basi scientifiche di cui abbiamo parlato
oggi insieme.
La
mutazione è la chiave della nostra evoluzione, ci ha consentito di
evolverci da organismi monocellulari a specie dominante sul pianeta.
Questo processo è lento e normalmente richiede migliaia e migliaia
di anni, ma ogni centinaio di millenni l'evoluzione fa un balzo in
avanti.
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